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San Sebastiano

Circa gli aspetti tradizionali della festa, fino alla seconda metà del Novecento i festeggiamenti erano organizzati dai pastori e da coloro che avevano lo stesso nome del Santo (Pittanu, Srebastianu), il quale veniva invocato dai fedeli come intercessore e protettore contro ogni morbo e pestilenza che tanti lutti, dolori e carestie hanno prodotto anche a Sestu. Per questo motivo, secondo la tradizione, era consuetudine, ma lo è ancora oggi, attribuire alle fiamme de su fogadoni, acceso la notte della vigilia della festa, una funzione purificatrice in quanto si credeva che il fuoco potesse estirpare le pesti e tutti gli influssi malefici esistenti.
A detta degli anziani, il comitato dei festeggiamenti già un mese prima cercava alcuni carradoris, proprietari di carro a buoi o cavallo, disponibili a trasportare in paese la legna raccolta nei monti del Parteolla, che veniva ammucchiata in un apposito spiazzo del centro, dove poi si accendeva il falò che dava inizio ai festeggiamenti.
La mattina della vigilia gli organizzatori preparavano meticolosamente la catasta, disponendo tronchi e frascame in modo da evitare, durante l'accensione, eventuali problemi allo sviluppo delle fiamme. Alla fine dei lavori sopra la pira veniva sistemato un alberello d'arancio carico di frutti.
Al calar della sera la gente si radunava nei pressi della caterva e attendeva l'arrivo del sacerdote con gli aiutanti che portavano le insegne del Santo. Dopo un breve vespro e l'accensione del fuoco, il prete con gli altri religiosi effettuava un giro intorno al falò, poi benediceva le fiamme, la folla e gli animali. In passato, infatti, era costume dei pastori portare le greggi davanti al falò per benedirle e farle girare tre volte intorno al fuoco, in segno propiziatorio.
A quel punto la festa prendeva corso per tutta la notte nell'allegria generale, tra degustazioni di vino, dolci, frittelle e pietanze tipiche cotte alla brace, ma anche tra canti e balli tradizionali accompagnati dalle launeddas e dall'organetto. La gente, inoltre, accanto al fuoco socializzava e si divertiva in amicizia, con gli anziani a chiacchierare di lavoro e annate difficili e i giovani a cercare di intessere nuovi rapporti con le loro coetanee, alle quali cercavano di tingere il viso di nero con la fuliggine, oppure esibirsi in ardite prove di coraggio saltando tra le fiamme in segno dimostrativo e propiziatorio. Normalmente il falò restava acceso anche per tutta la giornata del 20 gennaio e al riguardo, le donne raccattavano i tizzoni ancora ardenti, per riempire dei braceri da portare a casa per riscaldarla e proteggere la famiglia da ogni avversità, unitamente ai mozziconi di legno già carbonizzati che, invece, venivano volutamente conservati come amuleti contro le malattie e i temporali. Verso mezzogiorno, inoltre, era costume che il comitato dei pastori si riunisse in casa del Presidente dei festeggiamenti per organizzare sa scialla de Santu Srebastianu, cioè un sostanzioso pranzo a base di fave lesse, agnello arrosto, formaggio, salsicce secche, dolciumi, arance e vino nero in grande quantità.
La giornata del 20 gennaio decretava, altresì, lo svolgimento delle funzioni religiose, con la statua del Santo che veniva portata in processione per il paese, adornata con un alberello di alloro (su lau) dalle foglie indorate, a cui si giungevano dei ramoscelli d'arancio col frutto appeso.
Finita la processione il corteo rientrava nella chiesa parrocchiale dove si celebrava una messa solenne, con i fedeli che alla fine cantavano is goccius dedicati al Santo. Dopo le funzioni liturgiche la gente continuava a far festa e la sera si intratteneva in piazza con le gare poetiche (is cantadas) e i fuochi d'artificio, che praticamente sancivano anche la fine dei festeggiament
i.
A Sestu la festa di S. Sebastiano per tanti anni ha segnato anche l'inizio del Carnevale, così come succede in altri paesi sardi, con la tradizionale preparazione delle zeppole (offerte dalle donne accanto al falò) e la conmparsa delle prime maschere, proprio la notte del 19 gennaio.
Col passare del tempo l'inizio del Carnevale è coinciso altresì, con la celebrazione della Candelora, un'altra festività religiosa caratterizzata da forti influssi propiziatori legati ad antiche credenze agrarie correlate alle fertilità della terra e alla purificazione. Come già si è detto, però, verso la prima metà degli anni Sessanta del Novecento la festa di S. Sebastiano è andata in disuso per diversi decenni, lasciando un grande vuoto nel ciclo delle festività invernali sestesi legate al fuoco, fino alla ripresa della sua rivalorizzazione avvenuta nel 2004.
Al presente, la festa continua a mantenere intatto sia il suo originario aspetto religioso, con la solennità della messa cantata e la fiaccolata dei fedeli in processione, che si svolgono come da tradizione, il 20 gennaio; sia l'aspetto più specificamente profano, collegato ai riti della vigilia.
I festeggiamenti del 19 gennaio, infatti, sono alquanto partecipati e richiamano un cospicuo numero di persone anche da fuori, che vengono a Sestu attratte dalla spettacolarità del falò e dei fuochi d'artificio, nonchè dalla generosa degustazione di vini e pietanze tipiche a base di fave lesse, carni, salsicce arrosto, formaggi, frittelle e frutta, ma anche dal fascino delle maschere locali ed inoltre, dalle musiche e i balli tipici campidanesi isolani.
Per quanto riguarda i mascheramenti, la sera del 19 gennaio le maschere tradizionali fanno la prima comparsa dell'anno, percorrendo le strade più strette e meno illuminate del paese al ritmo incalzante dei campanacci che portano sulle spalle. Il corteo è aperto da un giogo di uomini travestiti da buoi, che trainano un aratro condotto da un'altra maschera seguita da altri uomini camuffati da cornacchie. Dietro ancora, segue un altro gruppo di figure mascherate, composte da s'Orku Foresu e da is Mustajonis, che controllano il predetto personaggio ferino.
Dopo aver girato per le strade del paese, il gruppo si dirige verso il luogo del falò dove rimane al buio, celato agli occhi della gente, fintanto che il fuoco non sarà acceso e benedetto dal prete. Terminato questo rituale, le maschere escono improvvisamente dall'oscurità per fare tre giri in senso orario intorno al fuoco, che incomincia a divampare velocemente illuminandole in tutta la loro inquietante solennità accentuata dal ritmo pressante dei campanacci.
Il corteo è aperto sempre dal giogo di buoi che trascina l'aratro circoscrivendo per tre volte un cerchio nel terreno, dove all'interno dovranno bruciare simbolicamente tutti i mali che minacciano la comunità. Anche le altre maschere procedono dietro l'aratro e alla fine del terzo giro, quando ormai le fiamme divampano alte nel cielo, inizia la pantomima de s'Orku Foresu e dei Mustajonis, la cui dinamica è ricollegabile, come vedremo successivamente, ha un rituale di morte e rinascita.
Dopo questa rappresentazione alcune persone anziane gettano chicchi di grano sul fuoco a scopo propiziatorio, mentre la festa prende corpo in tutta la sua espressività tra suoni, balli tradizionali e consumo di cibi e bevande.
Ancora oggi, perciò, la festività di San Sebastiano rimane un'attesa manifestazione popolare legata al rito del fuoco, dove il falò diventa una sorta di focolare comunitario in cui sotto l'egida del Santo si ritrovano le famiglie con i bambini, i giovani e gli anziani, che accorrono in tanti per festeggiare accanto alle fiamme, il glorioso Martire Sebastiano, affinché interceda tuttora contro i nuovi mali che contraddistinguono questo nuovo millennio.

Autore: Roberto Bullita

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