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San Gemiliano

La festa di San Gemiliano è per i sestesi l'appuntamento festivo più importante e atteso del calendario liturgico e devozionale locale e si celebra con grande Pompa, addirittura superiore alla ricorrenza del santo Patrono S. Giorgio Martire.
 
La Festa dal 1900 fino a oggi
Nella prima metà del Novecento i cerimoniali della festa di S. Gemiliano non erano molto diversi da quelli dei secoli precedenti, fatta eccezione per il tradizionale novenario, che precedeva i festeggiamenti, che oramai era andato in disuso. Per la festa di maggio, pertanto, analogamente a quanto succedeva in passato, si svolgevano soltanto cerimonie
religiose senza manifestazioni civili.
Nella seconda metà del secolo, tuttavia, il simulacro partiva il sabato verso la chiesa campestre e rientrava la domenica sera, così come accade tuttora. La processione si apriva con gli obrieri, che portavano lo stendardo del Santo, la confraternita di San Gemiliano e del Santissimo Sacramento, che si distinguevano da quella della Vergine del Rosario per il colore rosso della mantellina indossata, rispetto a quella nera dei confratelli della Madonna, che partecipava anch'essa al corteo.
Quindi, seguivano le associazioni religiose allora esistenti: le Figlie di Maria, che sfilavano portando al collo un nastro celeste da dove pendeva la medaglia della Vergine, l'Apostolato della preghiera, la confraternita delle Anime del Purgatorio, l'Associazione del Santissimo Sacramento, le associazioni San Giorgio, Sant'Antonio da Padova, San Salvatore, San Sebastiano e Sant'Isidoro, con i rispettivi stendardi. Ancora dietro procedevano i suonatori di launeddas, il rappresentante del comitato dei festeggiamenti con lo stendardo del Santo, il cavallo col reliquiario, il nuovo cocchio tutto ben addobbato con dentro la nuova statua sbarbata di San Gemiliano, il sacerdote e i fedeli, che cantavano is Goccius.
Dopo la Grande Guerra del 1915-18 alla processione cominciò a parteciparvi anche la Banda Musicale, che negli anni Trenta sostituì progressivamente le prestazioni dei suonatori di Launeddas, i quali per un lungo periodo di tempo, salvo in qualche occasione eccezionale, non furono più contattati per accompagnare il Santo.
Nell'ultimo decennio del Novecento la presenza dei suonatori di launeddas è stata ripristinata secondo la vecchia tradizione e attualmente, alla processione partecipano sia la Banda Musicale, sia i suonatori di launeddas e d'organetto, che stanno a ridosso del cocchio precedendolo solo di pochi metri. Verso la fine degli anni Sessanta, tuttavia, anche per la festa di maggio de Santu Millaneddu, nel programma cerimoniale furono introdotti i festeggiamenti civili, con intrattenimenti musicali e ricreativi di vario genere, che si sono svolti per circa un ventennio.
Poi, in ossequio all'antica tradizione, questi diversivi sono stati accantonati e la festa è tornata alle sole commemorazioni religiose come accadeva in passato.
Per quanto riguarda le celebrazioni di settembre, invece, sa festa de Santu Millanu mannu ha continuato a svolgersi con grande pompa, sia sotto l'aspetto religioso e sia sotto quello civile, con un gran concorso di persone provenienti dai villaggi vicini.
Anche nel corso di detto secolo non mancarono particolari momenti di tensione, sorti all'interno dei festeggiamenti, tra parroco e Comitato organizzatore della festa, così come capitò nell'anno 1910. Da una lettera scritta dal Prefetto di Cagliari all'Arcivescovo apprendiamo, infatti, che l'allora parroco Don Luigi Marras il giorno 4 settembre, ricorrendo la festa di San Gemiliano, prima svestì il simulacro del Santo e poi tentò di privare il Comitato della chiave dell'Oratorio, che voleva chiudere per metterci dentro la statua, anziché lasciarla in chiesa.
 
Questo intento, tuttavia, fu evitato grazie alla vivace protesta dei componenti del Comitato, che si opposero animatamente. Il bizzoso sacerdote, però, che peraltro pretendeva di farsi chiamare il Proprietario, lo stesso giorno anziché celebrare come da tradizione la messa solenne a San Gemiliano ritornò a Sestu privando la popolazione, accorsavi numerosa, di assistere alla consueta liturgia, per la cui celebrazione lui era stato anche pagato. Non ancora soddisfatto del tutto, in seguito approfittò della spiegazione del Vangelo per parlare contro quelli che gli avevano impedito di chiudere l'Oratorio, minacciando di ricorrere all'Autorità Giudiziaria.
Questo comportamento indignò non poco i fedeli presenti, eccitandone talmente gli animi, che si temettero sgradevoli incidenti pregiudizievoli per l'ordine pubblico. In correlazione con queste preoccupazioni partì la missiva del Prefetto che sollecitava l'Arcivescovo a intervenire, richiamando il Sacerdote Marras ad agire più prudentemente, evitando di sollevare questioni inutili capaci di causare spiacevoli conseguenze per la quiete generale.
In relazione agli aspetti tradizionali della festa, una delle peculiarità più importanti della ricorrenza settembrina, che ha caratterizzato sa Festa Manna de Santu Millanu per quasi tutto il Novecento, è stata la realizzazione degli alloggi temporanei chiamati Stalis, che venivano costruiti nel sagrato della chiesa campestre da interi gruppi familiari che vi si stanziavano per l'intero periodo festivo. Questa tradizione è sicuramente derivata dalla più antica consuetudine di dimorare, durante il tempo della novena, nelle casupole esistenti nei secoli scorsi attorno alla chiesa rurale. Infatti, dopo che il rituale del novenario andò in disuso tra le famiglie sestesi ha continuato, comunque, a perpetuarsi la vecchia usanza di trasferirsi in campagna e soggiornarvi per tutta la durata della festa campestre.
I preparativi per la realizzazione di questi alloggi cominciavano diverse settimane prima, con la raccolta nel fiume, o in altri luoghi acquitrinosi, di canne, frasche e altri vegetali (sa foll'e stoia) necessari per confezionare recinzioni, coperture di tetti e stuoie da utilizzare insieme a teli e legname vario per l'allestimento de su stali. I materiali raccolti si lasciavano essiccare per un certo periodo al sole e poi, venivano lavorati per realizzare questi ripari provvisori, dove le famiglie soggiornavano durante la festa. Il trasporto delle masserizie si effettuava con i carri a buoi e a cavallo, che stracarichi di roba talvolta effettuavano anche un paio di viaggi.
Lo spazio dove si costruiva su stali veniva assegnato dal Comitato dei festeggiamenti a ciascuna delle famiglie richiedenti, in base all'offerta più generosa che facevano al Santo e a fine lavori, attorno all'area circostante la chiesa, sorgeva un caratteristico complesso abitativo, che si animava durante il periodo dei festeggiamenti, in cui si mangiava e dormiva in allegra compagnia.
Su stali, infatti, generalmente era composto da due ambienti separati, di cui uno usato come dormitorio per le donne e l'altro come cucina e zona di ricevimento degli ospiti durante il giorno. La notte, invece, diventava il dormitorio degli uomini, che riposavano per terra uno affianco all'altro sulle stoie confezionate per l'occasione, che poi al mattino venivano rimosse per liberare lo spazio per la riutilizzazione giornaliera.
Di norma, però, gli alimenti si cucinavano fuori accendendo il fuoco all'aperto. Su Stali, quindi, come nel lontano passato, diveniva la dimora temporanea dei festeggianti, i quali, in una vivace e reciproca spensieratezza, usufruivano anche dei momenti più goderecci e profani della festa tra conversazioni, giochi vari, canti, balli e consumi abbondanti di cibi e bevande. Di solito anche le pietanze a base di carne, il pane e i dolci tipici confezionati per la festa (mustatzolus, gattou, pirichittus, ciambellas, amarettus, pistoccus e pistocheddus), venivano preparati in eccesso qualche giorno prima di trasferirsi a San Gemiliano, per poterli offrire, in rispetto alle antiche regole dell'ospitalità, ai parenti e gli amici che andavano a festeggiare il Santo.
In ogni caso, la vita all'interno del complesso festivo degli stalis restava, comunque, condizionata dall'andamento del tempo e in caso di pioggia gli abitanti delle casupole più precarie fatte di canne, frasche e tende che non erano in grado di proteggere dall'acqua, alla fine erano costretti a ripararsi sotto il grande loggiato della chiesa.
In certe occasioni, quando la pioggia cadeva a dirotto, era la festa stessa che rischiava di essere compromessa, come accadde appunto durante i festeggiamenti del 1939. Nella memoria storica locale, infatti, quell'anno è ricordato come S'Unda de Santu Millanu, proprio a causa del violento temporale che colpì sia la zona del sagrato, dov'erano in corso i festeggiamenti, sia l'abitato di Sestu, causando seri danni alle casupole dei festeggianti e anche a diverse abitazioni del paese, dove, peraltro, in certe zone si verificarono pericolosi allagamenti.
Il presidente della festa, quell'anno, era la signora Gina Murgia, che a causa del maltempo si vide costretta a sospendere alcune manifestazioni del programma civile, mentre molti stalis furono letteralmente abbattuti dalla violenza dell'acqua, generando paura e sgomento nella comunità dei fedeli che dimoravano a San Gemiliano. Per quell'evento fu composta da Fallara Spiga anche una specifica canzone, S'Unda de Santu Millanu, di cui sfortunatamente si sono conservati solo pochi versi [...] s'àcua a barrilis fueda calendi, tantis chi ocannu festa nienti, ocannu festa nienti.
Durante la festa il sagrato di San Gemiliano, oltre alla presenza degli stalis, era caratterizzato anche da is paradas, cioè dalle tipiche bancarelle degli ambulanti che vendevano: torroni, noci, noccioline, ceci e fichi secchi, dolciumi, prodotti dell'artigianato sardo e oggettistica varia, ma anche alimenti arrosto a base di carne (maialetto, agnello e salsicce) e pesce (muggini e anguille).
Queste vivande, tra dense colonne di fumo, venivano cotte all'aperto a fuoco lento su enormi graticole sistemate su carboni ardenti, che generavano intensi profumi nell'aria che stuzzicavano gli appetiti dei visitatori. Non mancavano nemmeno i venditori di lumache (tappadas) e di grive (tacculas), che offrivano anch'essi i loro prelibati prodotti ai potenziali clienti dal palato fino. Il tutto poteva consumarsi nelle tradizionali barraccas, cioè i precari locali di ristoro pubblico a uso temporaneo costruiti in legno, canne, stuoie e teloni vari, che venivano allestiti a ridosso dei centri di cottura, per facilitare il trasporto dei predetti alimenti alla gente che vi soggiornava in allegria.
La documentazione archivistica locale, relativa agli anni 1936 e 1937, ci dice altresì che in correlazione col grande affollamento di persone che partecipavano alla festa, venivano presentate al Podestà, che allora reggeva il comune, diverse richieste da parte di certi ambulanti, per ottenere le autorizzazioni necessarie ad installare a San Gemiliano dei giochi a premio fisso, come ad esempio: il gioco della girandola, il gioco dei dadi a sei facciate, il gioco della torsetta e della rotella, il gioco del cassettino con pallini numerati ed inoltre, il tiro a segno e le anelles. Lo stesso Podestà Leandro Cocco, sempre in funzione del grande concorso di gente che accorreva alla festa, pensò di istituire a partire dal 1936 in poi [...] una fiera mercato di bestiame bovino, equino, ovino e suino da effettuarsi proprio a San Gemiliano nei giorni di venerdì e sabato precedenti la domenica della festa, al fine di incentivare l'interesse degli agricoltori e commercianti sestesi e delle zone limitrofe, onde apportare all'intera zona anche un certo beneficio in termini di benessere economico.
La presenza della folla, che partecipava alla festa, veniva regolata dagli organizzatori suddividendo la zona in aree specifiche, che erano assegnate in base al paese di provenienza, soprattutto del circondario. I fedeli del Parteolla e di Sinnai, infatti, si stabilivano con i loro carri ben allestiti con stuoie, ghirlande mirto e roselline colorate fatte di carta, che utilizzavano anche per addobbare animali (buoi e cavalli), nei terreni adiacenti alla chiesa che erano ubicati lungo la direttrice viaria dei suddetti luoghi (conca a Sinnia e Pattiolla). Quelli che arrivavano da Monastir, San Sperate e Ussana, invece, si sistemavano nei terreni che davano in direzione di quei paesi (conca a Murìsteni) e anche loro avevano i cari ben adornati con ghirlande colorate. I sestesi che non erano negli stalis e gli altri fedeli provenienti dai paesi del Campidano cagliaritano, infine, si allocavano con i loro carri nei campi prospicienti l'asse viario che da Sestu portava a San Gemiliano.
Durante la festa queste persone si divertivano intonando i canti della tradizione a mutettus del tipo a trallalera e lairellellara e spesso accadeva che, tra cantanti di paesi diversi, si svolgessero delle vere e proprie competizioni, rispondendosi a turno con versi improvvisati composti sul momento. Certe volte nei canti si intrecciavano anche i versi di giovani di sesso e paese diverso e allora nascevano is mutettus de amori, che talvolta sfociavano anche in qualche dichiarazione amorosa quando la controparte femminile era rappresentata da una bella ragazza.
Nella memoria popolare legata alla festa, si ricordano ancora i canti a risposta che si svolsero tra una giovane di Sinnai e un giovane di San Sperate, il quale elogiando la bellezza della ragazza la invitava a frequentarsi con lui. Da parte sua, lei rispondeva che le sarebbe piaciuto veramente conoscerlo, ma essendo ancora troppo giovane d'età al presente non le era permesso.
Tuttavia, se lui l'avesse aspettata allora si sarebbero incontrati di nuovo e quindi, chissà …! Altri aspetti ludici che si ricordano per i primi decenni del Novecento sono l'albero della cuccagna (su pinnìoni) e gli scherzi che per tanti anni venivano effettuati da Bissenticcu Serra, Boiccu Mura, Peppino Marras (Arraighedda) e altri amici alle prime luci dell'alba della domenica di San Gemiliano a settembre. Infatti, sebbene durante la vigilia si fosse festeggiato fino a tarda notte il recinto degli stalis già pulsava di vita dalle prime ore del mattino, con le donne che preparavano il caffè all'aperto, che emanava il suo intenso profumo nell'aria. A quell'ora la quadriglia degli amici passava tra le casupole con un bidone di latta, che veniva percosso con un bastone come se fosse un tamburo, dando così la sveglia a tutti i conviventi del sagrato festivo.
Dopo di che, con una canna che veniva cavalcata come se fosse un cavallino selvaggio (cuadeddu de canna), visitavano gli stalis e quando scorgevano qualche caffettiera rimasta incustodita, allora con un energico colpo di coda la rovesciavano per terra, imitando il nitrito del puledro tra risa e schiamazzi. A quel punto la sfortunata padrona cominciava ad inveire scherzosamente contro i birbanti e poi, malgrado lo scherzo, li invitava a bere il caffè in compagnia a condizione, però, che fossero loro stessi a rimettere la caffettiera di nuovo sul fuoco, facendo così penitenza per l'inconveniente arrecato.
Col mutamento del tempi e dell’economia rurale queste vecchie consuetudini, che si svolgevano amichevolmente dentro il sagrato, piano piano, sono scomparse per lasciare spazio a nuove esigenze di svago e spettacolo, che la modernità ha imposto di volta in volta, come ad esempio i giochi di forza (cuaddus fortis), oppure gli incontri di boxe amatoriale che, dagli anni Sessanta fino alla metà degli anni Ottanta, solitamente si svolgevano la notte della vigilia della festa di settembre nel loggiato della chiesa (sa bòvida), tra opposte fazioni di giovani di Part'è Jossu e Part'è Susu, per dimostrare chi tra le due fosse la più forte.
Tra gli intrattenimenti festivi di antica tradizione che gradualmente sono scomparsi vi sono anche le corse a pariglia e dei cavalli berberi, le gare poetiche (sa cantada) e il popolare ballu tundu. Quest'ultimo divertimento, infatti, è stato sostituito dai veglioni a base di musiche moderne suonate da complessini beat, o di ballo liscio, che per diversi decenni si sono svolti in appositi locali allestiti per il tempo della festa fuori dal recinto.
A partire dalla prima metà degli anni Novanta del secolo scorso, inoltre, anche il tipico schema strutturale de su stali, concepito con architettura precaria e occasionale ubicata all'interno del sagrato, è scomparso per far posto a degli alloggi più stabili e confortevoli, affiancati l'uno con l'altro, che formano una grande corte circolare di lollas attorno alla chiesa.
 
A differenza dei vecchi stalis quest'imponente struttura di lollas è stata costruita in solida muratura, con copertura in legno e tegole, col perimetro circolare sezionato da tre ingressi che consentono il transito delle persone all'interno del recinto. Come nel passato, però, gli alloggi sono chiusi ai lati e frontalmente con delle stuoie e sono sempre dati in concessione dal comitato festeggiamenti, che dietro un'apposita quota monetaria li distribuisce al fedeli che ne fanno richiesta, col beneplacito consenso del sacerdote che gestisce la parrocchia San Giorgio.
Ancora oggi, tuttavia, la preparazione di queste nuove lollas è ugualmente laboriosa e movimenta come in passato, cosicché ogni gruppo familiare arreda il proprio spazio con tavoli, sedie, mobili e persino il frigorifero e la televisione, in modo da permettersi già dal periodo di Ferragosto una confortevole villeggiatura devozionale sotto l'egida del Santo.
Ciò nonostante, mentre ai tempi del novenario e anche del recente passato le famiglie vivevano l'intero periodo della festa in condizioni più disagiate, mangiando e dormendo scomodamente dentro dimore occasionali, oggi solo pochissime persone rimangono a dormire nel sagrato, perché la maggior parte della gente rientra a coricarsi in paese dopo il consumo dei pasti, che comunque si mantiene abbondante come allora.
Nell'arco temporale di realizzazione delle predette lollas è scomparsa pure la tendopoli festiva che prima sorgeva, in forma improvvisata e disordinata, fuori dal sagrato, dando luogo ad un vero e proprio campeggio estemporaneo, che si formava alcune settimane prima della festa.
L'area interna ed esterna della chiesa, infatti, col passare degli anni è stata migliorata progressivamente con loggiati più accoglienti, che offrono spazi più comodi per il soggiorno dei fedeli ed inoltre, con ampie zone di verde attrezzato, ricche di vegetazione che danno refrigerio a tutti coloro che vi accorrono per la festa, ma pure in concomitanza con altri eventi.
La zona di San Gemiliano, infatti, ormai è frequentata tutto l'anno e le nuove strutture che sono state realizzate consentono lo svolgimento di tante manifestazioni culturali e di spettacolo, con intrattenimenti di vario genere. Per gli amanti del ballo liscio, ad esempio, le serate organizzate nello spiazzo della pineta circostante e nel sagrato, sono diventate a partire dal mese di maggio fino a tutto settembre un appuntamento fisso e i ballerini, provenienti anche da altri centri vicini, vi accorrono numerosi insieme ai tanti sestesi amanti di questo divertimento.
A partire dal 2011, inoltre, sotto l'impulso di un'associazione amatoriale locale e dell'Amministrazione Comunale, nel sagrato sono ricominciati anche gli intrattenimenti di ballo sardo, che stanno avendo un consenso sempre più ampio tra gli appassionati de su ballu tundu e ciò, fa sperare che quest'antica tradizione venga recuperata stabilmente pure a Sestu.
In ogni caso, la festa di San Gemiliano, ormai ben radicata nell'animo dei sestesi dopo tanti secoli di devozione, ancora oggi resiste al mutamento dei tempi imposto dalla modernizzazione e dalla società dei consumi, mantenendo intatte le sue caratteristiche fondamentali, sebbene i promotori religiosi e civili della festa siano stati costretti ad adattare le programmazioni festive alle nuove abitudini della collettività, modificando in tal caso anche i canoni tradizionali delle celebrazioni liturgiche e in particolare, dei festeggiamenti civili.
 
Quindi, per quanto concerne la festa grande di settembre, da diversi decenni ormai è costume articolarne i festeggiamenti nell'arco temporale di sei giornate come di seguito riportato.
Si comincia il giovedì sera, col suono a distesa delle campane della chiesa parrocchiale, che annunciano l'inizio dei festeggiamenti col concerto della banda musicale locale, sa solidadi, che tradizionalmente si svolge nel piazzale della Parrocchia San Giorgio.
Lo spettacolo viene effettuato in omaggio al Presidente del Comitato dei festeggiamenti, per ringraziarlo di tutto l'impegno profuso durante la raccolta in paese delle risorse monetarie e in natura (questua), necessarie per la buona riuscita della festa. Negli intervalli, tra un motivo e l'altro della banda, si sparano is guettus e alla fine dell'esecuzione si suonano ancora festosamente le campane, per avvisare la gente a spostarsi a casa del Presidente, che offrirà su cùmbidu (un rinfresco) a tutti i presenti.
Il venerdì sera, dopo la celebrazione della santa messa, dalla chiesa San Giorgio si avvia la processione che accompagna il simulacro del Santo e le sue Reliquie alla chiesa rurale di San Gemiliano.
Mentre le campane suonano a festa e si sparano i razzi, la statua e le Reliquie del Santo vengono sistemate nel sontuoso cocchio, trainato da un imponente giogo di buoi, che per l'occasione viene adornato con larghe collane confezionate con raso e broccato, a cui sono appese delle campanelle dal suono argentino. Le grandi corna, invece, sono avvolte con nastri in raso giallo e abbellite con fiori e fiocchi dai colori sgargianti, che rendono i due animali ancora più maestosi.
Aprono la processione i cavalli bardati a festa, montati dai cavalieri dell'Associazione Ippica Sestese San Giorgio vestiti in abbigliamento tradizionale, dietro i quali seguono i componenti dei gruppi folcloristici locali, ma talvolta anche isolani, continentali ed esteri, anche loro rigorosamente abbigliati coi vestiti tradizionali dei paesi di provenienza.
Appresso, si dispongono due file di devoti, composte per lo più da donne, che avanzano recitando il rosario in sardo e in mezzo sfilano i rappresentanti delle associazioni religiose e dei comitati festivi locali, ognuno con il rispettivo stendardo del santo che onorano.
Subito dopo, prosegue la Banda Musicale Giuseppe Verdi, che avanza in gruppo intonando delle musiche festanti e quindi, l'intero Comitato dei festeggiamenti, cappeggiato dal Presidente, che sorregge lo stendardo di San Gemiliano. Ancora dietro seguono i chierichetti con un devoto al servizio della Parrocchia, che porta il Santissimo Crocifisso indossando l'abito della ormai disciolta Confraternita della Vergine del Rosario e poi, i suonatori di launeddas, che precedono il simulacro del Santo, ben sistemato all'interno del cocchio trainato dai buoi, i quali camminano a passo lento creando un'immagine quasi surreale che rimanda ai tempi passati.
Dopo il cocchio troviamo il sacerdote, che recita le litanie, accompagnato da una folla immensa di fedeli, che fino a qualche decennio fa cantavano ancora is goccius de Santu Millanu.
Il lungo corteo processionale percorre la via San Gemiliano, che per l'occasione viene abbellita con apposite erbe di campo e fiori (sa ramadura) e poi, giunto alla periferia del paese si scioglie. A quel punto il cocchio con la statua del Santo prosegue il suo viaggio lungo la strada campestre che porta a San Gemiliano, accompagnato dai cavalieri, dal sacerdote e dai fedeli più integerrimi che manifestano la propria venerazione al Santo, seguendolo in preghiera fino alla chiesa rurale per ottenerne poi la protezione, o qualche grazia per intercessione.
Un particolare da rimarcare è che, fino a primi anni Settanta del Novecento, il sacerdote, una volta che la processione arrivava alla periferia del paese, dava la benedizione ai campi circostanti e poi, tornava indietro alla chiesa di San Giorgio, mentre il Santo veniva accompagnato a piedi soltanto dal Presidente dei festeggiamenti e pochi altri fedeli.
Dietro il cocchio procedeva il carro tutto addobbato a festa del Presidente coi familiari, che aveva una bandiera tricolore e lo stendardo di San Gemiliano issati a vista nella parte più alta del cassone. Infine, seguivano in ordine tutti gli altri carri che trasportavano persone, vivande e vettovaglie, per sostenere le famiglie dei festeggianti durante i giorni di permanenza negli stalis.
Oggi questa vecchia consuetudine è andata in disuso e comunque, quando in tarda serata il simulacro arriva a destinazione è accolto festosamente dagli altri fedeli già presenti nel sagrato (totalmente addobbato di bandierine colorate), con una suggestiva cascata di fuochi pirotecnici e quindi viene collocato insieme alla Reliquia all’interno della chiesa illuminata a festa, dove si celebra la messa. Il cocchio, invece, trova sistemazione in una delle tante lollas presenti nel recinto.
Terminata la cerimonia religiosa, la festa civile può prendere corso con lo svolgimento di manifestazioni teatrali o spettacoli musicali, secondo gli appuntamenti previsti nel programma.
Nella pineta adiacente al sagrato, invece, gli irriducibili amanti del liscio e dei balli latino-americani protraggono la loro passione fino a notte fonda, esibendosi in coppia, o in gruppo, in specifiche performance figurative che attraggono l'attenzione anche dei presenti che non ballano. Durante la mattina del sabato si svolgono ancora diverse funzioni religiose, mentre nel resto della giornata il complesso festivo delle lollas ubicate intorno alla chiesa, vive una sonnolenta quiete, con i dimoranti impegnati tra preparativi per il pranzo e brevi inviti a parenti e amici presenti in visita occasionale.
La sera, invece, non appena finisce la messa vespertina, cominciano nuovamente le manifestazioni civili, che secondo il programma festivo possono essere le più svariate, con spettacoli folcloristici e passatempi di carattere culturale, artigianale e musicale. Nella vicina pineta, al contrario, i balli lisci e latino-americani proseguono incessantemente fino a notte tarda.
La domenica è il giorno cardine della festa e perciò, è anche il più ricco di cerimonie religiose e spettacoli. Durante la mattina l'intero complesso di San Gemiliano vive animatamente la celebrazione dei riti religiosi, che si svolgono nel porticato della chiesa e subito dopo, una folla numerosa assiste al concerto della banda musicale, che si svolge nello stesso loggiato.
Finito lo spettacolo, si celebra la messa solenne con canti religiosi e il sermone, che elogia la vita e le virtù di S. Gemiliano e poi, al termine di questa celebrazione, il Santo con le sue Reliquie vengono portati a spalla in processione lungo le viuzze adiacenti al perimetro esterno del sagrato.
Durante il percorso, il sacerdote benedice i campi vicini e quindi, finito il giro cerimoniale la statua e il reliquiario vengono riposizionati dentro la chiesa.
A quel punto la gente si riunisce in famiglia per consumare un ricco pranzo a base di saporite pietanze e di ottimi vini. Di solito questo banchetto rituale dura diverse ore, perché, dopo Il consumo dei cibi principali, si invitano (cumbìdanta) anche gli amici delle lollas vicine, di modo che si possa continuare a fare festa tutti insieme, tra brindisi vari, dolcetti e caffè.
Nel pomeriggio, in ogni caso, si svolgono degli intrattenimenti per bambini e di tipo ludico, mentre gradatamente s'intensifica l'arrivo dei visitatori provenienti dal circondario, che in serata si trasforma in una pacifica invasione di folla giunta a San Gemiliano per adorare il Santo e far festa, godendo dei divertimenti in programma, oppure per acquistare oggetti, cibo, torroni, dolciumi, frutti secchi e bevande, nelle tante bancarelle e nei chioschi ubicati attorno al sagrato.
A tarda sera, invece si svolgono altri spettacoli di vario genere, con l'esibizione di gruppi folcloristici, o artisti affermati della musica leggera, ma anche di cabaret e comicità. Alla fine di questa intensa giornata, i festeggiamenti si chiudono con il consueto spettacolo dei fuochi artificiali.
Dopo aver trascorso la domenica in maniera così vivace, il lunedì mattina tutto il complesso festivo di San Gemiliano riposa. Nella chiesa si celebra una messa, mentre qualche inquilino dei lollas comincia a sbaraccare, caricando le masserizie su autovetture e camioncini.
I fedeli più irriducibili, tuttavia, seppure in condizione di pendolarità, proseguono la loro presenza nelle rispettive logge, per continuare, anche se in modo più sommesso, a far festa fino al sabato successivo al martedì, che stabilisce la giornata di chiusura dei festeggiamenti a Sestu.
In ogni caso, il lunedì sera il simulacro del Santo intraprende a bordo del cocchio la via del ritorno al paese, dove ad aspettarlo ci sono i soliti gruppi religiosi che il venerdì lo hanno accompagnato in partenza. Quando il cocchio con la statua giunge in paese, viene accolto da una folta folla di fedeli e quindi, si effettua un breve spettacolo di fuochi d'artificio in miniatura alla fine del quale, si ricompone la processione che, ancora una volta, si snoda lungo il percorso urbano della via San Gemiliano fino alla Parrocchia San Giorgio.
Arrivati nel piazzale di chiesa, il Santo viene levato dal cocchio ed è accolto festosamente, col tripudio sonoro delle campane e una luminosa cascata di fuochi pirotecnici in miniatura. Poi viene portato in chiesa, dove si celebra una funzione religiosa.
Alla fine della messa, in paese cominciano le manifestazioni civili con spettacoli di vario genere, o anche con la tradizionale gara poetica campidanese, che dall'anno 2012 è stata riproposta nel programma dei festeggiamenti, anche grazie agli stimoli profusi in tal senso da diversi appassionati de sa cantada sarda e dal Comune.
Il martedì è il giorno conclusivo dei festeggiamenti e tutte le manifestazioni di carattere religioso e civile si svolgono in paese. La mattina si celebrano le messe, mentre di pomeriggio, di solito, si organizza un avvenimento sportivo che intrattiene i festeggianti.
La sera si svolge di nuovo una messa solenne e poi, si ripete la processione, col Santo nel cocchio e l'esposizione delle Reliquie in un'apposita portantina tenuta a spalla, che all'imbrunire percorre numerose strade dell'abitato.
Fino a qualche decennio fa, la processione nel paese si svolgeva la mattina del martedì e dopo la messa solenne, nel piazzale di chiesa, si faceva scoppiare la mina in segno di profonda devozione a S. Gemiliano. In seguito, con il mutamento delle attività lavorative e delle abitudini sociali della gente, il corteo processionale è stato spostato alla sera dalle autorità ecclesiastiche, per consentire una più ampia partecipazione di popolo a questo rituale religioso.
Finita la processione, il Santo con le Reliquie rientrano in chiesa e vengono sistemati sull'altare maggiore, dove restano esposti fino alla domenica successiva (s'ottava), prima di essere ricollocati nell'apposita cappella di San Gemiliano.
In nottata, invece, i festeggiamenti civili continuano con l'esibizione in piazza di un complesso musicale, o di un artista famoso della musica leggera, che allietano il folto pubblico presente, arrivato anche dai paesi limitrofi. La festa, infine, si chiude dopo i fuochi d'artificio, rimandando l'appuntamento festivo al mese di maggio dell'anno successivo.

La festa che si svolge la terza domenica di maggio, nota come sa festa de Santu Millaneddu, ripete in tono minore quella di settembre e sebbene questa ricorrenza sia limitata a due sole giornate festive, ciò non preclude il fervore religioso l'entusiasmo dei festeggianti. Il sabato sera, perciò, il simulacro del Santo viene trasferito, come da tradizione, nella chiesa rurale di San Gemiliano ed è riportato a Sestu il giorno dopo. La processione, anche in questo caso, si esegue con le stesse ritualità coreografie della festa di settembre.
La domenica mattina nella chiesa campestre si celebrano le solite messe in onore del Santo, che in tarda serata rientra a bordo del cocchio in paese, accompagnato in processione fino alla chiesa di San Giorgio, dove nel piazzale antistante è festeggiato con la consueta cascata pirotecnica.
La festa, in quest'occasione, si chiude con una messa dedicata al Santo, senza lo svolgimento di altre manifestazioni di tipo civile.

Autore: Roberto Bullita

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